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MAX WEBER: ETICA E POLITICA di Angelo Musco

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Max Weber (1864-1920) è considerato il fondatore della moderna sociologia e si è occupato di religione, capitalismo, politica, storia e tanto altro, ma non con l’idea di fornire ricette o soluzioni ai problemi dell’epoca, ma per comprenderne , da un punto di vista sociologico, la natura e i riflessi prodotti sulla società e sulla cultura contemporanea. Fra i sui numerosi scritti mi interessa commentare “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” e successivamente “La politica come professione” che rappresentano, nonostante sia passato un secolo, un ancor valido schema per l’analisi e la valutazione  della politica e della società di oggi.

Con il primo volume Weber analizza il fenomeno capitalistico individuandone le origini sociali e i fondamenti etici rovesciando la visione di Karl Marx che individuava nella smodata ricerca del puro guadagno egoistico il male che ne avrebbe causato il fallimento.

Secondo Weber il Capitalismo è un fenomeno storico complesso, influenzato dalle scoperte scientifiche,  dal progresso tecnologico e dal diverso atteggiamento dei popoli nei confronti dell’etica del lavoro e della responsabilità sociale influenzata, se non proprio direttamente elaborata, dalla religione protestante.

L’etica protestante, elaborata da Lutero e affinata da Calvino,  rifiuta l’idea della “salvezza” mediante le opere e l’intermediazione dei sacerdoti. La fede, tramite la grazia divina,  e non le opere, conduce i fedeli alla salvezza e ogni fedele è sacerdote di se stesso; rispetto alla cultura cattolica è un radicale cambiamento culturale ed etico nell’affrontare la vita quotidiana con le sue dinamiche economiche e politiche: predestinazione contro atti religiosi simbolici compiuti senza consapevolezza e nella certezza che ogni colpa potrà essere condonata.

Nella cultura cattolica prevale, infatti,  il concetto che tutti noi siamo peccatori, ma con il pentimento, l’assoluzione e la comunione possiamo accedere alla gloria dei cieli; la stessa attività economica assume per i cattolici un qualcosa di peccaminoso se persegue un guadagno che eccede lo stretto necessario perché la ricchezza è lo sterco del diavolo.

Dalle premesse religiose luterane della predestinazione e del superamento dell’intermediazione curiale scaturisce un’etica nel mondo delle idee e della prassi quotidiana profondamente diversa.

Il mondo culturale protestante riconosce che il mondo è immerso nel peccato, parte inscindibile della vita e che l’unico modo per raggiungere la salvezza è la fede che sul piano pratico si traduce in una forte etica della responsabilità, del lavoro e del dovere.

Il successo nelle arti, nei mestieri e nell’impresa è la certificazione quasi divina del buon operare e costituisce  uno stato di grazia come se il successo fosse un riconoscimento anticipatore di quello celeste. Il lavoro, unito al senso del dovere e della responsabilità verso la società, è considerato impegno e strumento per la ricerca del successo economico che è un segno della Grazia divina.

Appare dirompente l’antitesi con la cultura cattolica che demonizza la ricerca del successo.

L’aspirazione al benessere su cui si fonda il capitalismo (protestante) non è quindi ricerca smodata di guadagno, come sosteneva Marx, ma dovere morale di migliorare la propria condizione economica fondato su etica del dovere e della responsabilità.  Il capitalismo borghese di Weber è diventato uno strumento di crescita e di avvicinamento al divino.

Una differenziazione netta dal capitalismo descritto da Marx, ma anche una separazione altrettanto decisa dalla cultura cattolica che certifica l’abisso che si è formato, a partire dal XVI secolo, fra mondo latino/cattolico e germanico/protestante; cesura che, d’accordo con Weber, ha influenzato profondamente  il modo di far politica e la finalizzazione delle attività umane verso fini generalmente riconosciuti come utili al bene comune.

Weber, fine intellettuale tedesco, ha scritto il libro che analizza lo spirito del capitalismo attraverso l’etica protestante, esattamente 100 anni fa ed ha delineato un modello economico/capitalista tipico dei paesi del Nord Europa che sono in maggioranza protestanti.

Senza entrare nei meccanismi di valutazione dell’Unione Europea, che richiederebbero una profonda revisione, oggi possiamo verificare nei fatti e nell’andamento economico dei vari paesi europei la dicotomia fra paesi protestanti e paesi a maggioranza cattolica[1].

I paesi del Nord invocano rigore e rispetto delle regole comunitarie (da loro ispirate) e – forti del fatto che hanno i conti in ordine – pretendono dai Governi dei paesi del Sud politiche che, non tenendo conto della loro specifica situazione economica e sociale, impongano alla loro popolazione duri sacrifici al fine di produrre un rapido riallineamento dei conti nazionali alle loro performance economiche. Una pretesa assai poco politica se per politica intendiamo l’interpretazione delle azioni possibili in vista di un futuro migliore.

Va precisato tuttavia che quando la Germania, dopo la riunificazione est/ovest,  ha dovuto imporre politiche fortemente innovatrici nel mercato del lavoro, che hanno spazzato via antiche posizioni di privilegio, gli elettori hanno accettato i sacrifici imposti in vista di un futuro miglioramento delle condizioni economiche  e sociali.

Tutto ciò è stato possibile grazie all’adesione popolare ad un disegno politico di medio termine e ad una visione ideale di cui nessuno poteva avere certezza, ma in cui molti – se non tutti – hanno creduto, merito quindi di una classe politica che anziché pensare al successo nell’immediato ha preferito puntare sul maggior bene comune successivo.

Una classe politica competente e visionaria quel tanto necessario per riuscire a progettare e immaginare un futuro migliore, capace di proporlo senza inganni o facili promesse, consapevole che il raggiungimento del fine non sarebbe stato facile, avrebbe richiesto compromessi e rinunce,  ma sicura che il fine essenziale sarebbe stato raggiunto senza rinunciare ai principi etici fondamentali che l’avevano ispirato.

Una “classe politica del cambiamento” che ha puntato all’evoluzione di un presente diventato inadeguato per costruire un futuro migliore: un cambiamento evolutivo che non ha demonizzato e non ha preteso la distruzione del passato che, nel bene o nel male, era la storia e nel DNA della comunità.

Questa riflessione richiama l’altro saggio “La politica come professione” ancor più attuale e di cui parlerò prossimamente.

Angelo Musco

21/03/2019

[1] Mi preme ricordare in proposito che tutti i modelli macroeconomici europei vengono costruiti sulla media europea senza alcuna considerazione per le specifiche diversità sociali, economiche e politiche che contraddistinguono i diversi paesi. Una media fra cocomeri, rape e patate per un dessert che vada bene per tutti!