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DIO, COME SIAMO CADUTI IN BASSO

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Interpellato da un amico su cosa pensavo delle nuove isole spartitraffico lungo Via Martiri della Resistenza e in particolare sulla lastra in acciaio corten curvato al centro della rotonda che smista il traffico all’incrocio tra Viale Giacomo Matteotti e Via Martiri della Resistenza davanti al varco che anticamente era occupato dall’antica Porta di San Luca, “Bruttissima” ho risposto d’istinto, meravigliandomi della perentorietà del giudizio che certo non corrisponde al mio modo abituale di formulare giudizi specialmente in pubblico per un fatto di puro civismo. Ho infatti ricevuto una educazione improntata sulla moderazione, sul rispetto e sulla opportunità di mantenere una certa etichetta.

Ma davvero le lamiera ricurva traforata e pantografata dove campeggia il nome “CITTÀ DI SPOLETO” in lettere maiuscole è davvero insipida, fuori scala, incerta nella posizione e totalmente avulsa del contesto.

Nella città che nel 1962 ospitò “Sculture nelle città”, un evento espositivo che ebbe un’eco mondiale e che riempì Piazze e slarghi di sculture contemporanee di grande impatto plastico e visivo che hanno arricchito e potenziato la già alta valenza estetica dei luoghi, la lastra ritorta in corten che campeggia al centro del piccolo rialzo che, vagamente e per uno scherzo dell’immaginazione, ricorda la carenatura di una antica biga, vale a dire l’evocazione remota di un reperto per una mente distorta dalle proprie passioni antiquarie come la mia, la lastra ritorta, dicevo, appare davvero patetica.

Per rendersene conto basta che si metta a confronto la lastra ritorta con le sculture di Beverly Pepper, di Lynch Chadwich, di Nino Franchina, di Pietro Consagra, di Arnaldo Pomodoro e di Alexander Calder rimaste in città a decorare le vie e le piazze dove stazionano a perenne ricordo di quel magnifico e aurorale 1962 quando Giovanni Carandente e Giancarlo Menotti riunirono a Spoleto l’Olimpo degli scultori contemporanei.

Altre sculture dopo quel fatidico 1962 sono state installate in slarghi e piazze della città: alcune di pregevole valore come quella della Mahler, altre discutibili come quella nella rotonda nei pressi dei caduti di Nassiria e, altre ancora esteticamente di dubbio gusto come quella in Via Fratelli Cervi, ma comunque nessuna ha raggiunto il grado zero di valore estetico come questa anomala insegna urbana posta in corrispondenza del più importante ingresso al centro storico.

La modalità di lavorazione – le scritte sono verosimilmente eseguite con un pantografo laser digitale a controllo remoto e il materiale in cui è realizzata – omaggio alla moda del momento- sono le due uniche preziosità rilevabili, davvero poco per una città con il patrimonio che vanta.

Possibile che nessuno veda la miseria estetica che essa annuncia e che mi porta a pensare: “Dio, come siamo caduti in basso! ”

P.S. Il Sindaco e il nuovo direttore della galleria d’arte Moderna si facciano promotori di un concorso di idee per installare un oggetto scultoreo più consono alla grande memoria e tradizione della città.