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FENOMENOLOGIA DEL FITNESS

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La Volkswagen nel promuovere le pratiche manutentive sulle vetture di propria produzione allo scopo di conservarle in efficienza associa una autovettura di serie agli attrezzi ginnici di una palestra.

Questa associazione mentale e visiva è resa possibile dall’avvenuta assimilazione del corpo umano ad un congegno meccanico stabilita dal filosofo francese Cartesio. Si tratta di una concezione che incrocia e che si coniuga con la odierna recuperata consapevolezza della centralità del proprio corpo e dell’importanza di preservarlo dalla malattia e dall’usura attraverso l’esercizio costante e programmato di attività ginnico-sportive.
Riprendendo il discorso sui replicanti umani meccanici introdotto nel precedente articolo pubblicato su questa testata essi sono designati a partire dal secondo quarto del secolo scorso con il termine Robot.
Robot deriva dal ceco ROBOTA che letteralmente significa “lavoro pesante” o “lavoro forzato”. Il nome è stato coniato dal drammaturgo ceco Karel Capek che lo usò per la prima volta nella sua opera “I Robot Artificiali Di Rossum (R.U.R)”. Si tratta di una avveniristica e profetica distopia teatrale scritta e messa in scena nel 1920 nel quale i protagonisti sono appunto i Robot impiegati in una fabbrica che si rivoltano contro i proprietari sottomettendoli.
I Robot di Capek in realtà non sono esseri meccanici ma cloni umani ottenuti attraverso la manipolazione genetica. Nonostante ciò il termine Robot ha finito per identificare stranamente un replicante umano meccanico.
L’idea di ricreare la vita artificialmente è molto anteriore alle tecniche di riproduzione in vitro della procreazione assistita o alle frontiere dell’ingegneria genetica. Nella modernità il possesso di una tecnologia potente ha reso questo antico sogno dell’uomo più prossimo alla sua realizzazione.
La costruzione di un replicante umano artificiale in grado di compiere azioni e, oggi, con i progressi delle ricerche intorno all’intelligenza artificiale, di pensare, ha fatto passi da giganti. Tanto più l’artefatto somiglia al creatore, la copia al modello, tanto maggiore è la tendenza a trasferire su questo alter ego artificiale qualità e reazioni umane.
Il replicante umano elettromeccanico digitale diventa, per la verosimiglianza sempre più spinta con il suo creatore , la causa di una duplice inquietudine: il timore di una punizione divina per aver indebitamente esercitato una prerogativa, quella della generazione delle vita, che appartiene agli Dei o a Dio e l’altra, altrettanto ricorrente ed opprimente, che questi replicanti sfuggano al nostro controllo e, come nel dramma di Capek o nel film “Blade Runner” del 1982 di Ridley Scott, entrino in conflitto con il loro costruttori ed utilizzatori imponendo il loro imperio sulla specie umana.
Il monito della Volkswagen rivolto ai suoi clienti che è necessario tenere nella massima efficienza la propria vettura evoca le pratiche salutistiche diffusesi in questi anni per conservare in salute il nostro corpo quali il fitness, la frequentazione nel tempo libero di palestre e l’esercizio di attività ginnico-sportive. Esso evidenzia un cambio sostanziale di uno dei paradigmi fondamentali della nostra cultura che riguardano: il rapporto con il nostro corpo.
Se la cultura religiosa di ascendenza cristiano cattolica dominante nelle società occidentali pre-industriali vede infatti nel corpo uno strumento impuro, un veicolo del peccato, nelle società post-industriali edonistiche e materialistiche attuali le ragioni del corpo hanno rioccupato la centralità e l’importanza che ricoprivano nel mondo greco romano. La statuaria greca infatti esaltava la corporeità. La bellezza era identificata con un corpo dalle forme armoniose e ben proporzionate. “Mens sana in corpore sano” sentenziavano i romani.

Eupalino: Autore dell’articolo