Siamo nella Berlino a cavallo tra le due guerre. Qui Kirsten dirige il suo cabaret, dove musicisti, cantanti, scrittori, poeti, ballerini, tutti possono esibirsi in piena libertà. La trasgressione è la normalità. Fuori, un crescendo di segnali di intolleranza, omofobia, xenofobia, ma nessuno sembra curarsene in quell’angolo di mondo immerso nell’atmosfera fumosa e voluttuosa della regina del cabaret. Amici potenti la proteggono. Qualche perplessità viene espressa, appena accennata, dal musicista ebreo (“il 30%” – di consensi – grida preoccupato riferendosi al partito nazionalsocialista), subito distratto da musiche e balli.
Poi piccoli cedimenti, ogni giorno più inquietanti. Velate minacce, sottintese intimidazioni. Pensando di salvarsi si denuncia… il vicino, il collega, l’amico… E alla fine vennero a prendersi tutti.
Come dice Brecht.
Lo spettacolo rappresenta il periodo storico in cui la polizia del nascente partito nazista, su indicazione di Goebbels, scatena una lotta feroce ai cabaret, distruggendo teatri e mandando nei campi di concentramento gli artisti, o addirittura ordinandone l’uccisione.
Il Chiostro San Nicolò si presta bene allo spettacolo, trasformato in un vero cabaret, con tavolini rotondi, candele e flut di champagne. Canzoni e balli allietano gli spettatori fino al finale drammatico.
Idea brillante.