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“NON CI RESTA CHE SPALARE LA NEVE” IN SCENA AL CANTIERE OBERDAN

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In un tempo in cui si è bombardati da infinite parole, la danza e il movimento diventano un medium forse più efficace di altri, perché non rimane in superficie, ma è capace di scavare a fondo. Non che, come con la parola, non possa essere frainteso o soggettivamente interpretato, anzi. Ma il messaggio spesso tocca corde più profonde. Come nel caso di “Non ci resta che spalare la neve” di e con Mattia Maiotti e Debora Renzi.

E a proposito di fraintendimenti e libere interpretazioni, per noi questo è uno spettacolo sull’individualismo, sui confini fisici e mentali, sulla ricerca di spazi individuali e sull’alienazione generata dalla ripetitività e dalla serialità, non solamente legate al concetto novecentesco di lavoro in fabbrica. Ma anche e proprio come quotidianità, come stile di vita. Alienazione amplificata dalla porzione ampia di realtà virtuale in cui è immersa l’esistenza di ognuno in questi tempi. Una virtualità che invece di allargare gli spazi li restringe fino a “freezarli” in un istante eternamente pixellato.

Niente che non si possa curare con un abbraccio. Col tornare alle relazioni, alla cura dell’altro. Con l’umanità. Ci si salva solo insieme.

Questa sembra essere la risposta.

Bravi i danzatori e convincente tutto l’impianto della performance, dal disegno sonoro di Nicola Fumo Frattegiani, a quello delle luci di Massimiliano Monsù, che possono essere considerati anch’essi coprotagonisti di una storia ben raccontata.

In scena il 24 e 25 giugno al Creative Hub Cantiere Oberdan, progetto speciale inserito all’interno del Festival di Spoleto, a cura di La Mama Spoleto Open.